Emozioni a cinque cerchi…

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  • Ultima modifica dell'articolo:14/02/2024
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La propaganda fascista, come in precedenza ricordato, glorificò a dismisura i successi olimpici di Los Angeles, al pari del vittorioso Mondiale calcistico del 1934, senza tralasciare il mastodontico pugile Primo Carnera e il ciclista Alfredo Binda. Il tamburo battente del pensiero unico, al quale s’ispirò Adolf Hitler, dal gennaio ’33 cancelliere tedesco, e in breve feroce dittatore di quella Germania in procinto di ospitare le Olimpiadi del 1936.

L’edizione teutonica fotografò il debutto della fiaccola in transito per le strade, che al termine del percorso accese il tripode nell’immenso stadio di Berlino, cuore del totalitarismo nazista. Irreprensibile l’organizzazione e avvincenti le gare, il tutto immortalato dagli avveniristici mezzi a disposizione della regista Leni Riefensthal; gli atleti di casa in cima al medagliere, mentre la bolognese Ondina Valla, sul filo di lana, vinse gli 80 ostacoli. Il primissimo successo di un’atleta italiana, anche se il sovrano di quei Giochi fu l’americano di colore James Cleveland Owens, detto Jesse (foto); il ragazzo dell’Alabama si aggiudicò i 100 metri, i 200, la staffetta 4×100 e il salto in lungo, mandando letteralmente a farsi f…riggere la dottrina sulla superiorità razziale, di radice ariana, enunciata da Hitler. Quattro ori in faccia al Fuhrer del Reich, a quanto pare (ma non vi è certezza storica) contrariato da ciò, mentre sulla pedana del lungo nacque la sincera amicizia fra Owens e il tedesco Lutz Long, giunto secondo, con l’americano che planò oltre gli 8 metri. I due si tennero in contatto, spedendosi lettere e cartoline, sino alla tragica fine di Lutz, caduto in conflitto nel 1943, dopo lo sbarco alleato in Sicilia.

In effetti, minacciosi venti di guerra soffiavano sull’Europa, fino a che, con l’invasione della Polonia messa in atto dalle truppe armate di Hitler, il 1° settembre 1939, la spirale bellica prese il sopravvento, portando pure alla cancellazione del quadriennale appuntamento olimpico, in quel di Helsinki.

La concordia fra le genti, simboleggiata dai cinque cerchi sulla bandiera, riemerse nel 1948 a Londra, capitale di una delle potenze vincitrici, che nel ’45 riportarono la democrazia in Italia e in Germania. L’edizione XIV dei Giochi, con lo stadio di Wembley principale teatro di una manifestazione predisposta a dovere, nonostante oggettive difficoltà. Superstar indiscussa l’olandese Fanny Blankers-Koen, alias la mammina volante, che s’impose nei 100 metri, nei 200, negli 80 ostacoli e nella 4×100; altresì non le venne concesso di gareggiare nel lungo e nell’alto, pur essendo la primatista mondiale. Di rilievo anche le performance del cecoslovacco Emil Zatopek, oro nei 10000 metri e argento nella distanza dimezzata, il quale ammaliò la folla per quella sua corsa scoordinata e il continuo ansimare. L’Italia dettò legge nel lancio del disco, con Adolfo Consolini e Beppe Tosi, rispettivamente oro e argento, come del resto il metallo prezioso arrivò anche dal Settebello della pallanuoto, che sconfisse in finale i magiari, per 4-3.; di rilievo storico e sociale il trionfo dell’India nell’hockey su prato, ai danni della Gran Bretagna, dalla quale ottenne l’anno prima l’indipendenza.

I titoli di coda del colonialismo europeo, quando finalmente Helsinki potè abbracciare la carovana olimpica nel ’52, dopo il diniego dovuto al conflitto. Impianti d’avanguardia e un pubblico dall’immensa cultura sportiva, sulle tribune, a siglare il debutto ufficiale della delegazione sovietica, quale paradigma del braccio di ferro Usa/Urss, pure nello sport: fotogrammi della Guerra Fredda. Ungheria terza assoluta nel medagliere, dietro ai due giganti appena citati, mentre Zatopek piazzò una favolosa tripletta aurea (5000/10000 e maratona, mai corsa prima); il nostro Edoardo Mangiarotti, elegante sire della scherma, regolò il fratello Dario nella finale della spada, invece nelle corsie dei 100 stile libero scese anche Carlo Pedersoli, il … notissimo Bud Spencer cinematografico. (3- continua).

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