Chiacchierando con Antonio Spanedda…

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  • Ultima modifica dell'articolo:23/03/2023
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Ciao Antonio e benvenuto! Ti va di raccontarci qualcosa di te e di come sei arrivato all’arte?

Sono nato a Novara nel 1961, mi sono diplomato in scultura e dottorato di ricerca in Arte Sacra all’Accademia di Belle Arti Brera di Milano. Negli anni ’90, con lo pseudonimo “Lampadina”, ho lavorato nell’entertainment in Italia e all’estero.

Nel 1996 ho fondato il Gruppo Argilla che ha riunito numerosi artisti, con cui ho organizzato numerose performance artistiche in diverse città italiane, collaborando con lo Stalker Teatro di Torino e Michelangelo Pistoletto. Fra le numerose rassegne di quel periodo, la più interessante è stata organizzata dall’Accademia della Tuscia a Roma che mi ha permesso di esporre insieme a Vettor Pisani, Giosetta Fioroni, Fabio Mauri e Luca Maria Patella.

Fra le realizzazioni di quel periodo mi piace ricordare l’opera “Un Uomo Giusto” commissionata dalla Chiesa del Sacro Volto di Milano con la quale nel 2005 attraverso una rielaborazione ho partecipato alla Biennale di Venezia. L’opera in questione “Ambone, Casa della Parola” è ancora in permanenza nella Chiesa di S. Lio a Venezia. Nel 2010 nasce il progetto artistico IOTIAMO incentrato sull’Amore Universale e nel 2012 insieme ai Testimonial del progetto IOTIAMO costituisco ACC un’associazione culturale con l’intento di promuovere e diffondere la cultura attraverso l’arte.

Nel 2018 sono stato invitato in Germania per lavorare ad un progetto di ricerca per indagare sul lato femminile del mondo, grazie al Comune di Monaco di Baviera. È nato così il progetto d’Arte Relazionale “DONNA” che ancora oggi prosegue nella sua ricerca. Nel corso di questi anni con i workshop “DONNA Volto del nuovo decennio” ho incontrato più di 200 donne, alle quali ho chiesto come cambiare il mondo.

Dal 2019 mi dedico con maggiore consapevolezza all’arte relazionale e insieme a Stefano Francoli ho realizzato “Tramedimpresa”, un progetto per le aziende che combina gli strumenti dell’arte con quelli della formazione e della comunicazione. Insieme alla scrittrice Cristina Barberis Negra ho progettato un’attività d’arte relazionale dedicata agli operatori e agli ospiti delle case per anziani.

Collaboro con l’Accademia di Belle Arti Brera di Milano e sono docente presso l’Accademia ACME di Novara. Nell’estate dell’anno scorso ho organizzato la mia prima rassegna antologica presso Palazzo D’Adda nella cornice di Varallo Sesia (VC), città d’arte di grandi maestri della pittura italiana dove insieme all’associazione ACC gestisco le attività culturali di uno spazio dedicato alle relazioni per l’arte denominato Salotto IOTIAMO. 

Hai un percorso molto importante e ricco di esperienze, e allora cos’è per te l’arte?

Come ti ho scritto sopra in questi anni ho preso coscienza del mio fare arte, sotto il mio nome scrivo sempre “la mia arte è la mia vita” perché ho trasformato la mia vita in un’opera d’arte. Posso condensare 40 anni di ricerca artistica in questo motto, che è, insieme, il presupposto della mia attività, un metodo di lavoro e un obiettivo da raggiungere ogni volta che produco una nuova opera e penso ad un nuovo progetto. Trasformare l’arte in vita e viceversa, credo che sia la sfida più impegnativa, ma anche la più interessante, che un artista si possa dare.

Per realizzare il mio proposito ho trovato una sola via, quella della relazione. Costruire rapporti con le persone e con gli eventi che diventano soggetti del mio lavoro è, in realtà, l’essenza dell’opera stessa: noi tutti siamo l’opera d’arte! Tutti coloro che vi partecipano, diventano co-autori. In altre parole, l’opera non è l’oggetto statico che osservate ma la sua continua rigenerazione attraverso le occasioni di confronto e di dialogo. Su questa base sono stato riconosciuto nel corso degli anni, da diversi professionisti dell’arte, come “artista relazionale”: una categoria che il critico francese Bourriaud ha coniato fin dagli anni Novanta. 

Il primo passo della mia ricerca, rivolto nella direzione di un valore universale come l’amore è nato nel 2010 con il progetto IOTIAMO. Ed è da questa ispirazione iniziale che IOTIAMO ha dato vita a tanti altri progetti come IOAMOINAVIGLI, CIBIAMOILMONDO, AAAIOTIAMO… e per ultimo IOAMOILMARE. Attraverso queste declinazioni ho portato l’arte nella vita privata di centinaia di persone, ma anche nel sociale.

Devo quindi questa consapevolezza anche all’ Estetica Relazionale del critico francese Nicolas Bourriaud.

Per Bourriaud e per gli artisti relazionali l’arte ha una funzione particolare nella produzione collettiva e nella società, infatti il suo scopo finale è lo scambio sociale.

Un’arte che assuma come orizzonte teorico la sfera delle interazioni umane e il suo contesto sociale, piuttosto che l’affermazione di uno spazio simbolico autonomo e privato, dell’autore, questa possiamo definire Arte Relazionale. 

A cosa stai lavorando attualmente?

Da diversi anni non produco solo oggetti estetici, ma creo contesti capaci di stimolare la creatività dei soggetti coinvolti rendendo “arte” il dialogo, il confronto, l’incontro e la stessa relazione umana.

Per ottenere un buon risultato mi avvalgo della collaborazione di numerosi professionisti, con i quali combino gli strumenti della cultura con quelli della comunicazione, realizzando: fotografie, video, pitture su materiali differenti, performance, installazioni urbane e non ultime opere digitali anche create con l‘ausilio dell’intelligenza artificiale. 

Le mie ultime opere d’arte, grazie allo sdoganamento del digitale in campo artistico avvenuto nel 2021 con la vendita all’asta di un NFT dell’artista americano Beeple per 69,3 milioni di dollari (Christie’s), sono diventate una realtà aumentata a elevata connettività, dal momento che sono costituite nel loro DNA sia da materiali fisici sia da un flusso di comunicazioni che possono rapidamente estendersi al digitale.

Il risultato dell’esperienza relazionale con il pubblico, attraverso i Workshop, con un processo di elaborazione, dalla fotografia approdano ad un risultato iconografico composto da milioni di pixel che in seguito vengono stampate su differenti supporti e ancora lavorate manualmente in funzione delle necessità espositive e di comunicazione.

Il modo di guardare l’arte negli ultimi decenni è cambiato e continuerà a cambiare grazie alla tecnologia e ai nuovi strumenti che questa ha messo a disposizione delle grandi masse. Per la storia dell’arte si sono aperti nuovi scenari e, grazie al diffondersi di un differente rapporto con le immagini rispetto al passato, gli spettatori hanno conquistato un ruolo attivo. Proprio come aveva fatto la fotografia nell’800, l’informatica stabilisce nuove relazioni con il visuale. L’osservatore non si accontenta più soltanto di guardare, ma vuole avere la possibilità di riusare se non addirittura interagire con l’opera d’arte, accrescendola di nuovi significati e dando il proprio contributo alla costruzione di nuove forme derivate di fruizione, per esempio attraverso i social network.

Preso da questo meccanismo all’inizio di quest’anno ho realizzato un’opera digitale “a quattro mani” con uno dei più famosi artisti del secolo scorso: Pablo Picasso.

La litografia originale dell’opera “la danse des faunes”, in bianco e nero è stata digitalizzata e trasformata in un’opera dinamica a colori. L’opera originale, di proprietà di un privato, è in esposizione presso la Galleria Legart di Novara, mentre l’opera digitale è pubblica e disponibile in rete sul portale Opensea con il suo relativo NFT (Non Fungible Token).

In questi giorni sto organizzando una importante rassegna espositiva in Germania presso il Töpfermuseum di Thurnau, una cittadina in Alta Franconia, dove presenterò alla fine di marzo oltre 60 opere inedite, frutto del lavoro di questi ultimi 5 anni dedicati al lato femminile del mondo. 

DONNA è un viaggio nel mondo femminile, un viaggio che usa l’Arte Relazionale come strumento di espressione e di comunicazione su temi che sono in aperta discussione nel dibattito pubblico contemporaneo. “DONNA Volto del nuovo decennio” (il titolo per esteso) vuole ribadire il ruolo di guida delle donne nella società, non con uno spirito di contrapposizione ma di condivisione, in quanto credo che le donne possano contribuire alla nascita di una nuova società fondata sul benessere. Femminile non significa necessariamente appartenere alla donna; ma più in generale, si riferisce a quella parte femminile che compone una metà dell’essere umano e che la donna ha storicamente incarnato. 

Che si tratti della difesa dell’ambiente o della protezione dei diritti umani, la condizione determinante del successo di DONNA è la stessa: raccogliere questa sfida e contribuire a restituire vitalità a quel discorso spontaneo di cambiamento che considera l’emancipazione delle donne come uno dei maggiori segni dei tempi.

Sono rimasta davvero colpita e affascinata da quest’idea di arte e, forse perché mi tocca da vicino, dal tuo modo di vedere e rappresentare la Donna! Anche l’attenzione al sociale è sicuramente un’idea innovativa ed interessante associandola all’arte.

Grazie Antonio per questo viaggio alla scoperta di ciò che sei, di ciò che pensi, ritrai e realizzi. Grazie perché abbiamo con te scoperto un nuovo modo di vedere e vivere l’arte!

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