Economia circolare ed economia lineare sono termini che si sentono sempre più spesso, nonché concetti chiave per chi si interessa di ecologia. La prima cosa da fare, per cui, è comprendere il loro significato.
Economia lineare. Con economia lineare si intente un’economia che si basa sulla produzione e sull’utilizzo di beni che, una volta esaurita la loro vita, sono destinati ad essere gettati via. Estrazione e utilizzo delle risorse naturali, produzione, consumo formano quindi una linea dritta che porta… be’, in discarica. Questo significa che, da una parte, le risorse diminuiscono sempre di più per soddisfare la domanda di nuovi prodotti, mentre dall’altra i rifiuti aumentano.
Vi suona familiare? Dovrebbe, perché è il tipo di economia a cui siamo abituati.
Economia circolare. Con economia circolare si intende un’economia che si basa su produzione e consumo di beni che sono destinati a essere reimpiegati. Dopo estrazione e utilizzo delle risorse naturali, produzione e consumo, si aggiunge un altro passo, quello del recupero e del riutilizzo, che a sua volta non è il capolinea, perché da lì si riparte con la produzione, creando qualcosa di nuovo, in un cerchio potenzialmente eterno. Questo significa che, da una parte, diminuisce il consumo di risorse naturali, e dall’altra diminuisce anche il numero di rifiuti che produciamo.
Sembra fantastico, vero? E lo è. Adottare un’economia circolare farebbe senza dubbio un gran bene al Pianeta. Allora perché non lo facciamo?
La risposta è molto semplice: perché non è profittevole, o almeno, non quanto lo è un’economia basata sulla continua domanda di nuovi prodotti. Le persone che estraggono le materie prime guadagnano meno, le persone che le lavorano guadagnano meno, le persone che vendono i prodotti guadagnano meno. Tutto gira intorno al Dio Denaro.
Vi siete mai chiesti perché, dopo un certo tempo, i vostri elettrodomestici si guastano, o i vostri cellulari smettono di funzionare perché hanno la memoria riempita da continui aggiornamenti di sistema? Questo fenomeno ha un nome ben preciso: obsolescenza programmata.
I prodotti che noi acquistiamo sono programmati per durare solo un certo tempo, e generalmente viene fatto in modo che la riparazione costi cifre esagerate e sia molto più lenta di una sostituzione, così da indurci a gettare via il vecchio per acquistare il nuovo. In questo modo diventiamo parte del problema e lo alimentiamo. E facciamo arricchire chi di dovere.
Peccato che non si può andare avanti così, non per sempre. Alla fine – sempre se per allora non avremo già danneggiato talmente tanto il nostro ambiente da farci fuori da soli – le materie prime si esauriranno. Già ora l’accesso a risorse da sfruttare, come del resto è stato dalle origini del genere umano, è causa di tensioni tra stati e conflitti. Figuriamo cosa succederà quando queste risorse saranno davvero esigue.
Non solo quello, ma continuare con un’economia di tipo lineare, con la continua estrazione di materie prime, causa distruzione di habitat naturali, con conseguente perdita di biodiversità, e una quantità di emissioni che minano la nostra salute.
Ma non intendo dipingere un quadro apocalittico del futuro, perché il futuro non è ancora scritto. Possiamo cambiare le cose – l’Europa, ad esempio sta lavorando ad una graduale transizione verso un’economia circolare – e se siete arrivati in fondo a questo articolo, anche voi lo state già facendo, nel vostro piccolo.
Per questa ragione vi suggerisco di seguire per quanto potete le regole d’oro della sostenibilità, ovvero le famigerate 4R. Il bonus di questi principi è che, se rispettati, possono aiutarvi anche a risparmiare denaro, oltre che a salvare l’ambiente; di questi tempi, non fa certo male!
Riduci. Quando acquistiamo qualcosa, dovremmo essere sicuri che ci serva veramente e fermarci un momento a riflettere sull’impatto che la nostra decisione avrà. Perché, come dicevo in un articolo precedente, siamo responsabili di ogni oggetto di cui siamo proprietari, anche dopo che lo abbiamo gettato via. Quindi riflettiamo: perché acquistare un’auto se si vive in città e ci sono i mezzi pubblici o le biciclette condivise? Perché comprare un vestito nuovo quando si hanno già tante cose nell’armadio? Perché comprare dieci elettrodomestici diversi quando magari, con un po’ di adattamento, possiamo ottenere gli stessi risultati con uno solo? E, se proprio dobbiamo comprare, possiamo farlo di seconda mano, in modo da ridare vita a qualcosa che ad altri non serve più.
Riusa. Una volta che qualcosa ha esaurito il compito per cui è stato pensato, non significa che non abbia più alcun valore! Basta essere creativi. Si possono riutilizzare le vaschette e i contenitori di plastica del supermercato per piantare dei semi, oppure i vestiti ormai inutilizzabili come stracci per pulire, o ancora i barattoli di vetro della marmellata per fare le proprie conserve o tenerci le erbe e le spezie da cucina. Il limite è l’immaginazione. E se proprio non vogliamo riutilizzare qualcosa, possiamo destinarlo a un mercatino dell’usato o alla beneficenza, in modo che non vada sprecato.
Ripara. Come dicevo in precedenza riguardo all’obsolescenza programmata, non dovremmo alimentare il problema, e questo lo possiamo fare scegliendo, quando possibile, di riparare qualcosa che si è rotto, invece di sostituirlo. Questo, ovviamente, non vale solo per l’elettronica, ma anche per tutto il resto.
Ricicla. Questa deve essere l’ultima spiaggia, come si suole dire. Riciclare è un bene, ma non è la soluzione a tutti i problemi, per cui dobbiamo essere sicuri che quello che gettiamo nella spazzatura sia veramente qualcosa che non ha più possibilità di esserci utile. E, mi raccomando, cercate di fare la raccolta differenziata il meglio possibile.