Al Teatro Faraggiana di Novara vi attende: “Moi”

MOI
martedì 28 novembre – ore 21,00
Conoscevo Camille Claudel soltanto, e ora di questo me ne vergogno, per essere stata l’allieva, la modella, la “musa” e la grande passione dello scultore Auguste Rodin. Quando, nel 2013, ho visto le sue sculture in una mostra realizzata nell’ospedale psichiatrico di Montfavet, vicino ad Avignone, dove fu internata trent’anni e dove terminò i suoi giorni nel 1943, ho capito davvero chi è stata Camille Claudel: un’artista di grandissimo talento, che ha vissuto esclusivamente per la sua arte.
Mi sono accostata alle sue opere con ammirazione e passione, e alla sua vita (e alla sua morte) con un misto di rispetto e di rabbia per ciò che ha subito. Ho deciso così di raccontare la sua storia; grazie alla regia intelligente, acuta e sensibile di Alberto Giusta e all’interpretazione caleidoscopica di Lisa Galantini ho cercato di ridare voce a questa complessa, emozionante, straordinaria figura di donna.
Chiara Pasetti

Considero un privilegio oggi incontrare un personaggio come Camille Claudel. Non la conoscevo. Come ho fatto a essere così cieco e sordo! Una donna unica nella sua arte e nella sua umanità. Di lei ci si innamora quasi immediatamente. Sono sicuro che aveva delle mani bellissime. E comprendo il povero Rodin che ha bruciato d’amore per lei. Non è una femmina facile da raccontare. Ci vuole follia e pragmatica lucidità. Incarna quell’universo femminile scomodo perché di talento eccelso. Si muove sul palcoscenico della vita come un animale ruvido e al contempo fragile. Non si comporta mai da vittima anche se è vittima della società maschilista in cui vive. Sapientemente dipinta dall’autrice Chiara Pasetti che con originalità la anima, Camille non poteva che essere impersonata da un altro animale, da palcoscenico questa volta, come Lisa Galantini, capace di renderne concrete e moderne le sfumature. Semplicità intesa come ricchezza, cura febbrile del particolare al servizio del tutto che diventa sublime è la lezione artistica ed umana che Camille ci regala.
Alberto Giusta

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