La cultura del monouso

Nello scorso articolo di questa serie ho affrontato l’argomento di quello che entra in casa nostra. Ora è tempo di affacciarci alla tematica vastissima di quello che ne esce. Oggi, in particolare, parlerò del concetto di “monouso” e di tutte le problematiche che ne scaturiscono.

Prima di addentrarci nei meandri della questione, cominciamo innanzi tutto con il chiarire con precisione cosa significhi questa parola. Per farlo vi riporto qui la definizione che ne dà l’Enciclopedia Treccani, ovvero “Nel linguaggio pubblicitario, detto di oggetti, generalmente inerenti alla toilette o alla cura personale, che, contrariamente a quanto avveniva in passato, vengono usati una sola volta e poi gettati”.

Mi piace molto questo “contrariamente a quanto avveniva in passato”. Dà l’idea di un progresso da una condizione peggiore a una migliore, vero? Ma è sempre così, o siamo soltanto condizionati a pensarlo? Per quanto mi riguarda, la risposta è nì.

Partiamo con il dire che non tutto il male viene per nuocere. Ci sono infatti dei settori, ad esempio quello sanitario, in cui il concetto di monouso è fondamentale. A nessuno verrebbe mai in mente di utilizzare una siringa per i prelievi di sangue due volte, giusto?

Per tante altre cose invece, si potrebbe benissimo fare a meno del concetto di monouso. Del resto, tante delle cosiddette “comodità” a cui siamo abituati adesso, non esistevano fino a cinquanta, sessant’anni fa, e si viveva bene lo stesso. Ma da allora, la nostra mentalità, la nostra cultura, è cambiata radicalmente.

Se prima si possedevano pochi oggetti di qualità, di cui si aveva cura perché difficilmente rimpiazzabili, oggi si tende invece a preferire la quantità. Tutto è facilmente sostituibile, quindi niente è importante, niente vale il nostro tempo e la nostra fatica. Il fatto è che siamo talmente abituati ad avere a disposizione una vastissima gamma di oggetti che non ci dobbiamo preoccupare di mantenere, di far durare nel tempo, che neanche ce ne rendiamo più conto.

Ma il privilegio che abbiamo guadagnato, non arriva senza conseguenze. Eppure, quanti di noi se ne preoccupano? Perché una volta che le nostre “comodità” finiscono nella spazzatura, non le consideriamo più un nostro problema. Ma non è che quello che buttiamo via sparisce magicamente. I nostri rifiuti hanno una vita anche lontano da noi, una vita di cui siamo moralmente responsabili. E no, il riciclo non è la soluzione, anche se ci piace pensarlo.

C’è poi anche il problema della produzione. Quanta energia, quanta acqua, quante risorse sono necessarie per produrre un oggetto che è destinato alla discarica sin dalla nascita? E gli imballaggi? Anche quelli contano, anche quelli vengono gettati via, aumentando inutilmente la mole di rifiuti che ognuno di noi produce. Perché al mondo non siamo soli, e i nostri rifiuti si sommano a quelli di tutti gli altri.

Per concludere il discorso, vi propongo anche un ultimo angolo da cui guardare il problema. Se ci pensate, il vostro tempo, ovvero la vostra risorsa più preziosa, viene convertita in denaro quando lavorate. Quel denaro vi serve per acquistare quello che avete bisogno per vivere e per i piccoli extra che vi rendono felici, come una cena al ristorante o le vacanze. Spendere una cosa così preziosa per qualcosa che viene utilizzato una sola volta e poi finisce dritto dritto nell’immondizia non è… profondamente stupido?

Cioè, non solo fate male all’ambiente, ma anche a voi stessi, quando invece avete a disposizione un’alternativa semplicissima a molti dei “comodi” oggetti monouso di cui vi servite abitualmente senza neanche pensarci, perché sono diventati la norma.

Giusto per vostra curiosità, vi suggerisco di riprendere i vostri vecchi scontrini del supermercato e guardare quanto, negli ultimi mesi, avete speso per oggetti monouso. Quale che sia il risultato, che sono certa sia più di quanto pensavate, riflettete su cosa potreste fare invece con quei soldi. Oppure a quante ore del vostro tempo passato a lavorare corrispondono.

Ora, se quello che vi ho detto fin qui vi ha spinti a riflettere sull’argomento e volete sperimentare qualche alternativa sulla vostra pelle, vi consiglio qualche piccolo cambiamento che potete apportare alle vostre abitudini, così da proteggere l’ambiente e il vostro portafogli.

Usare fazzoletti di stoffa. Saranno anche un po’ retrò, ma a me piacciono da impazzire. Innanzitutto, sono eleganti, si lavano comodamente in lavatrice, e poi sono delicati sulla pelle. Avete presente quando vi viene il raffreddore e vi soffiate il naso talmente tanto che nel giro di pochi giorni ve lo ritrovate come scartavetrato? Beh, con i fazzoletti di stoffa non succede. Se li trattate bene, poi, vi dureranno anni.

Usare tovaglioli di stoffa. Idem come sopra. Che senso ha comprare un pacco di tovaglioli, pulircisi la bocca una volta e poi gettarli via? E una volta finito il pacco, ricominciare daccapo. Si possono benissimo usare i tovaglioli di stoffa. “Eh, ma poi che rottura, li devi lavare a ogni utilizzo!”. Ma neanche per idea! Io a casa ho implementato questo metodo: abbiamo acquistato dei tovaglioli di stoffa di diversi colori, tre per colore, in modo da avere il cambio. Ognuno ha il suo colore assegnato, così alla fine del pasto si piegano, si mettono via, e si riusano per un paio di giorni. Poi in lavatrice, ed eccoli pronti per il prossimo giro di corsa.

Usare prodotti per il ciclo lavabili. Questa voce, ovviamente, riguarda le signore, per cui gli esseri umani con il cromosoma Y, se non interessati all’argomento, possono benissimo passare oltre. Lo sapete che una donna, nella sua vita, utilizza in media qualcosa come 11.000 assorbenti? E che ognuno di questi ci mette circa 500 anni a decomporsi? Ma al di là di questo, non credo di dover essere io a farvi presente quanto costino. Personalmente, sono passata agli assorbenti lavabili da un paio d’anni e vi dirò, sono una meraviglia. Già mi immagino la reazione di molte di voi: “No, gli assorbenti lavabili no! Sono un orrore, li usava mia nonna sessant’anni fa!” E invece vi dico che vi sbagliate. Intanto quelli moderni sono infinitamente più sottili di quelli del passato e comodissimi, soprattutto considerato che non irritano la pelle come quelli usa e getta. Poi sono facili anche da lavare: basta sciacquarli in acqua fredda prima di infilarli in lavatrice. Ma se proprio la cosa non vi sconfinfera, ci sono tantissime altre soluzioni alternative, come la coppetta mestruale.

Faccio anche un appunto per le neo/future mamme (e papà). Come per gli assorbenti, esistono anche i pannolini lavabili. Con il prezzo che costano quelli usa e getta, forse potrebbe essere un’idea da considerare.

Usare i dischetti struccanti lavabili. Per struccarvi, e per la vostra skin care, ma anche per rimuovere lo smalto, vi consiglio caldamente i dischetti lavabili. Il principio è lo stesso degli assorbenti. Invece di gettarne via uno ad ogni utilizzo, li riponete in un sacchetto di stoffa (come per gli assorbenti lavabili, di solito sono inclusi all’acquisto) e la prossima volta che dovete fare la lavatrice ci mettete anche quelli. Niente di più semplice.

Usare panni in microfibra. Per la cucina, invece di usare rotoli e rotoli di carta assorbente, provate a usare i panni in microfibra: sono comodi, resistenti, e lavabili. Lo stesso vale per le pulizie di casa. Piuttosto che utilizzare fantomatici panni cattura-polvere che funzionano sì e no e che costano un sacco di soldi, provate quelli in microfibra. Oppure, un’alternativa ancora più ecologia, potrebbe essere anche quella di usare dei vecchi strofinacci, oppure dei vestiti che hanno esaurito il compito per cui erano stati creati e sono talmente malconci da non poter nemmeno essere donati.

Usare borse per la spesa riutilizzabili. Invece di spendere soldi per acquistare ogni volta dei sacchetti biodegradabili o di carta, perché non investire in borse che resistono a molteplici utilizzi? Potete lasciarle in auto, sempre pronte ad una spedizione al supermercato, e tenerne magari una piccola, di stoffa, nella borsetta, per gli acquisti minori.

Spero che proverete almeno una delle alternative ecologiche che vi ho proposto. E, per quelli di voi che si stupiscono del fatto che non ho detto nulla riguardo alla plastica… beh, sarà l’argomento del prossimo articolo!

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