Presa Diretta – RAI

Le proiezioni climatiche indicano un mondo più caldo, con eventi estremi più frequenti e un innalzamento del livello del mare che metterà sotto pressione le aree costiere. Ma piantare alberi per migliorare la vivibilità delle città e per sconfiggere le isole di calore è la ricetta adottata, non a caso, da alcuni grandi centri urbani.

Il cambiamento climatico previsto entro il 2050 porterà ad un aumento delle temperature medie globali, superando probabilmente il limite di 1,5 gradi sopra i livelli preindustriali. Essendo medio significa che alcuni ambienti resisteranno meglio o peggio di altri: tra queste le più critiche sono sicuramente le città.

Ma quali saranno le conseguenze a lungo termine, sull’ambiente e sulle persone?
Come si adatteranno invece le nostre città… o meglio le città hanno dei piani specifici?

Contrastare il cambiamento climatico è una delle priorità delle città italiane. I Comuni stanno lavorando con grande attenzione: Firenze è pioniera in tal senso perché è tra le prime grandi città ad avere approvato il Piano del Verde (chiamato Iris), ma anche altri grandi centri urbani – da Milano a Roma, fino a Torino – stanno facendo sforzi concreti.

Il percorso delle città italiane per la neutralità climatica

L’Ue ha lanciato una missione: rendere 100 città climaticamente neutrali entro il 2030. Nove sono italiane.

Lanciata nel 2022, la Missione “100 Climate-Neutral and Smart Cities by 2030” del programma Horizon Europe mira a trasformare le città europee in modelli di neutralità climaticaBergamo, Bologna, Firenze, Milano, Padova, Parma, Prato, Roma e Torino sono le nove città italiane ad aver raccolto la sfida.

EU


Si lavora anche a livello macro-regionale includendo anche le aree geografiche emergenti (come nuovi poli di potere) e nazioni con risorse climatiche resilienti o tecnologie avanzate.
La Scandinavia, con abbondanza d’acqua e capacità idroelettrica, potrebbe diventare un hub economico e politico in Europa. La Russia, sfruttando l’Artico e le sue riserve di gas, potrebbe rafforzare il suo peso geopolitico, nonostante le sfide interne. Gli Emirati Arabi Uniti, con investimenti massicci nel solare e nella desalinizzazione, potrebbero emergere come leader nel Medio Oriente.
Al contrario, zone di crisi strutturale saranno probabilmente in Asia o Africa: il Bangladesh ad esempio, sommerso dall’innalzamento del mare e incapace di assorbire i migranti interni andrà ancora più in crisi; l’Africa centrale, devastata da siccità e conflitti.
Infine da noi in Italia dove l’area meridionale, con desertificazione e flussi migratori sempre più presenti, potrebbe nel corso dei prossimi anni far collassare i sistemi locali.

Ci dobbiamo aspettare una nuova migrazione dal sud? Nei decenni passati per motivi economici e oggi per motivi climatici? Sì, non è fuori luogo iniziare ad immaginare un futuro di ricollocazioni geografiche delle popolazioni anche nella nostra Europa o in Italia; spostamenti dalle zone meridionali a quelle centrali o verso il nord Europa, aree più inclini tra l’altro ad azioni preventive e mitiganti.

UN ESEMPIO VIRTUOSO DI COSA SI PUO’ FARE: MEDELLIN

La seconda città della Colombia, famosa per “Il cartello di Medellín” ha un piano per abbassare la temperatura della città “sfruttando” la natura: sono stati piantati oltre 200mila alberi per creare degli enormi “corridoi verdi” riuscendo così ad abbassare la temperatura di 3 gradi in pochi anni.

Piante rasoterra, piante di media grandezza, piante alte, prati, giardini. Oltre 300 mila specie vegetali per creare – in mezzo a grattacieli, auto, cemento – ben 33 corridoi verdi, ognuno un ecosistema, per 77 mila metri quadrati. Era la città del cartello di Pablo Escobar e della guerra tra narcotrafficanti, oggi Medellin in Colombia è diventata l’esempio concreto di come, grazie agli alberi, si può abbassare la temperatura anche di 3 gradi.
Un’idea diversa di città, dove l’uomo non è il solo protagonista. E anche per questo vive meglio.
Sapremo farlo anche a noi? Sapranno le nostre Milano, Torino ma anche Magenta abbracciare questo cambiamento per sopravvivere?

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PARIGI CITTA’ ECOLOGICA: un esempio per l’Europa contemporanea

L’attenzione verso queste tematiche – nonché una serie di iniziative collaterali promosse da un gran numero di organizzazioni dedite alla tutela dell’ambiente – ha determinato il successo del modello di Parigi città ecologica. Parigi si sta impegnando a fondo per conseguire il titolo di “Ville Verte“, traendo grande ispirazione dalle politiche attuate in materia dai Paesi scandinavi, apri pista di queste nuove strategie ambientali.

Diversi ambiziosi progetti sono stati messi in cantiere già da alcuni anni: tra questi sono senz’altro degni di nota l’eliminazione di due arterie autostradali cittadine in prossimità della Senna e la riqualificazione del lungofiume, con aree verdi e spazi pubblici ricreativi. La lungimirante pianificazione del Comune consacrerebbe definitivamente l’obiettivo di una Parigi città ecologica.
(immagine “Tempo)

Strutture urbane: città resilienti, ma non per tutti

Medellin e Parigi dimostrano come le città siano determinanti, perché è lì che vive la maggior parte della popolazione mondiale e dove gli impatti climatici si faranno sentire in modo diretto.
Con l’innalzamento del livello del mare e gli eventi estremi, come le inondazioni nelle zone costiere o le ondate di calore nelle aree tropicali, le strutture urbane dovranno cambiare radicalmente; vedi città come Miami o Jakarta, che già oggi affrontano problemi di intrusione salina e allagamenti.

Entro il 2050, potremmo vedere soluzioni come barriere mobili o dighe, un po’ come fanno da secoli nei Paesi Bassi. Lì, fin dal medioevo, hanno costruito un sistema di protezione contro il mare che è diventato un modello di resilienza. Oggi, però, non basterebbe: le città dovranno integrare anche soluzioni più verdi, come parchi e tetti coperti di vegetazione, per ridurre il calore urbano. Singapore sta già andando in questa direzione, con edifici che sembrano foreste verticali – un’idea che potrebbe diffondersi.

MA C’E’ SPERANZA!
Insomma, entro il 2050 potremmo vedere città più verdi e protette, sistemi alimentari più vari e tecnologie innovative, e una governance che prova a tenere insieme un mondo che cambia. La storia ci dice che adattarsi è possibile: dai mulini olandesi alle colture dei Maya, abbiamo esempi di successo. Ma non tutto è certo.

Le società sono complicate e alcune potrebbero non farcela, come i Maya stessi durante le grandi siccità.
Meditate!

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