Una correlazione intercorrente fra arte e grandi brand esiste da svariati decenni, e la si può riscontare nella personale della poliedrica artista SARA SOATTINI, intitolata OH, MY SHOPPING. Una rassegna in scena presso la sala civica del complesso commerciale VICOLUNGO THE STYLE OUTLETS, da sabato 10 a domenica 18 giugno. Un ulteriore appuntamento nel segno della pittrice novarese, oltre che collaboratrice di questa testata, alla quale cedo volentieri la parola, attraverso quest’intervista dai toni amichevoli.
Carissima Sara, da dove sgorga il titolo Oh, my shopping?
Deriva dall’aver giocato con icone prese dalla storia dell’arte, e ritenute quasi sacre. Dalla Dama dell’ermellino di Leonardo, ho trasformato il personaggio in una … fashion victim con in grembo uno dei simboli della moda, mentre oltre una siepe “pratone” di Gufram, simbolo di design anni 70, ho raccolto le tre Grazie e la Venere di Botticelli intente a scattarsi un selfie e fare shopping. L’espressione ricorda inoltre il celebre “oh, my God”, quale segno di stupore o di spavento. E’ per tale motivo che ho deciso di giocare con tale espressione, perchè nella mia arte voglio che emerga un sentimento di sorpresa, e che scuota le coscienze.
Un percorso artistico decollato tempo fa. Ce ne vorresti tracciare un breve riassunto?
Ho iniziato a fare arte quando ho capito che diventava un’esigenza fisica. Sono partita da sperimentazioni con materiali di uso quotidiano, come metalli e tessuti d’arredamento; lavorando nell’ambito della progettazione d’interni, li sentivo molto affini. Poi l’evoluzione è andata verso i marchi registrati, sviluppando questi temi in una chiave di lettura riflessiva e fiabesca, e con riferimenti alla Pop Art. In queste opere prevalgono inizialmente gli oggetti, quindi ho inserito la parte figurativa, approdando al linguaggio attuale caratterizzato da tinte piatte o accese, pur mantenendo la chiave ludica degli inizi.
Una tipologia d’arte tutt’altro che commerciale, la tua, all’interno di un notissimo centro commerciale. Un adorabile paradosso, non trovi?
Si, non sono un’artista seriale; le mie opere presentano un filo conduttore, ma non sono una continua reitrazione di pochi temi. C’è quasi una … sartorialità nella confezione del quadro, che si confronta in senso positivo con la location di questa mostra.
Cosa ti aspetti da questa intrigante esposizione?
“Cosa mi aspetto dal domani? il sole in faccia no!”, come cantava Cesare Cremonini, ma spero di aver lanciato degli stimoli comunicativi, come una riflessione su ciò che può essere l’arte contemporanea. Un ponte fra il bisogno di novità e di socializzazione, che caratterizzano i luoghi dello shopping, e il bisogno di cultura, in un caleidoscopio di esperienze socializzanti.
Ti senti compiutamente realizzata come artista?
Penso che mai mi sentirò realizzata, anche se avverto brevi momenti di soddisfazione. Sono una persona curiosa e che continua a cercare nuove possibilità; quando mi sembra d’aver trovato una soluzione creativa, sono subito pronta a rimetterla in discussione. Tutto questo rappresenta la mia condanna, o … la mia salvezza.
Progetti in cantiere?
Sto immaginando di utilizzare i personaggi che vivono nei miei quadri, per un progetto editoriale, anche se per ora si tratta di un’idea a livello embrionale.
Qualche tua riflessione, prima dei saluti di rito?
In questo periodo mi sento come a bordo di un trattore cingolato: ci sono momenti di semina, quando lancio un messaggio, anche in situazioni ripide e complesse, come quando non si scorge la cima da raggiungere. Poi dei momenti di cura, quelli in cui perfeziono un linguaggio e lo mostro al pubblico, e quindi dei momenti di raccolto, che mi permettono di salire sulla collina anche con i tacchi. Conserverò questa esperienza di Vicolungo nella mia “shopping bag dei ricordi”, come un qualcosa da portare sempre con me.