In Italia nel 2023, le rinnovabili sono cresciute come mai nell’ultimo decennio arrivando ad un massimo storico: il 43,8% della produzione netta di energia elettrica.
Si tratta certamente di un risultato ottimo, soprattutto perché arriva dopo la crisi del gas russo ma non deve indurre ad eccessivi entusiasmi. Purtroppo, infatti, siamo ancora lontani dagli obiettivi di decarbonizzazione che prevedono per il 2030 un target del 60% da rinnovabili.
Analizziamo nel dettaglio la situazione. Innanzitutto, il valore del 43,8% della produzione nazionale è calcolato in uno scenario caratterizzato da un trend strutturale di riduzione della domanda elettrica, ad un miglioramento dell’efficienza energetica e di conseguenza della produzione nazionale netta di energia elettrica che nello scorso anno è sceso ai minimi storici dal 1999 con un valore di 257 TWh.
Inoltre, pesa il confronto con gli altri paesi europei. Germania e Spagna, anch’esse favorite dal crollo della domanda di elettricità, hanno superato la soglia del 50% di rinnovabili, la Gran Bretagna è arrivata al 47%. Situazione particolare per la Francia che è ancorata al 27% ma, riclassificando le fonti low carbon includendo anche il nucleare, balzerebbe in testa con il 93%.
Se poi allarghiamo la nostra visione all’ultimo decennio, il confronto Italia-Europa è ancora più emblematico: nel 2014 il nostro Paese produceva, tra eolico e fotovoltaico, 37 TWh e nel 2023 è arrivato a 54 TWh; nello stesso periodo, invece, la Francia che partiva da 24TWh ci ha superato passando a 68TWh, la Gran Bretagna, che partiva appaiata all’Italia con 36TWh, ci ha addirittura surclassato giungendo ad un valore di 109 TWh; la Spagna è oltre 100 TWh e la Germania domina con quasi a 200 TWh.
Tutto questo dimostra che, purtroppo, l’Italia è rimasta indietro. La prima cosa che viene da dire è che ci siamo mossi tardi. In realtà, i dati ci dicono che ci stiamo muovendo lentamente. Forse troppo lentamente.
Passiamo, ora, ad analizzare un altro elemento chiave: l’idroelettrico. Nel 2023 eolico e fotovoltaico hanno contribuito alla generazione da rinnovabili rispettivamente per il 20,7% e il 27,2% e assieme hanno superano il contributo da idroelettrico (33,9%), che per lungo tempo è stato il vero pilastro delle rinnovabili in Italia. Purtroppo, nel 2023, l’idroelettrico ha prodotto circa 40 TWh e seppur in recupero rispetto all’anno siccitoso del 2022 in cui ha prodotto solo 27 TWh non ha raggiunto ancora i livelli di produzione degli anni precedenti.
Per avere un quadro completo della situazione dobbiamo analizzare, infine, le installazioni. In Italia la crescita delle rinnovabili continua: dai dati di Terna, infatti, emerge anche che nell’ultimo anno sono state installate fonti rinnovabili per un totale di 5,7 GW grazie soprattutto a fotovoltaico (5,2 GW) ed eolico (0,49 GW) portando al 31 dicembre 2023 le istallazioni di rinnovabili a 66,4 GW.
Allora qual è la brutta notizia?
Innanzi tutto, analizzando nel dettaglio il trend dei nuovi impianti rispetto al 2022 solo il fotovoltaico registra un incremento (+111%), le altre fonti, invece, frenano (eolico -28%; idroelettrico -46% e bioenergie -6%)
L’evoluzione della capacità installata negli ultimi 10 anni parla chiaro: tra eolico e fotovoltaico l’Italia è andata avanti a 1,5 GW/anno. Per confronto la Francia e la Gran Bretagna sono a 2,8, la Spagna a 3,6 e la Germania addirittura a 7,5. Se la crescita dovesse continuare a questo ritmo, il nostro paese non riuscirebbe a raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione che l’UE ha fissato per l’Italia per il 2030 che prevederebbero, invece, un ritmo di installazioni di 9 GW/anno di nuova potenza.
Ma quali sono dunque le prospettive future per l’Italia?
Innanzi tutto, le installazioni di fotovoltaico per il 90% sono costituite da piccoli impianti destinati all’autoconsumo, mentre per raggiungere i grandi numeri, occorreranno grandi distese di pannelli solari: purtroppo i grandi impianti utility scale sono ancora rari in Italia nonostante le semplificazioni degli iter autorizzativi.
Per l’eolico, invece, i siti più ventosi sulle creste dell’Appennino sono già stati occupati e per aumentare la produzione serviranno operazioni di repowering: invece di realizzare nuovi impianti sarà necessario riconfigurare quelli esistenti con generatori più potenti, più grandi e più efficienti. A ciò si aggiunge la necessità di realizzare installazioni offshore per sfruttare il grande potenziale ancora ‘inesplorato’ delle aree marine al largo di Sardegna, Sicilia e Puglia: qui si concentrano molti progetti che, al momento, sono ancora in fase di istruzione.
A tutto ciò, si aggiunge un quadro normativo ancora molto opaco ed una situazione ulteriormente complicata dal fatto che alcune Regioni hanno emanato provvedimenti “in opposizione” alla normativa nazionale riguardo alle aree idonee per l’installazione. Ulteriori difficoltà derivano dall’esplosione delle istanze di connessione e dalla necessità di una migliore pianificazione degli iter autorizzativi.
A conclusione di tale analisi, però, facciamo nostro l’auspicio di ANIE Rinnovabili ‘che si possano acquisire elementi di maggior chiarezza e di maggior certezza, affinché la filiera delle fonti rinnovabili possa continuare nel suo percorso di solida crescita e contribuire a traguardare la decarbonizzazione di cui il paese necessita’.
Chiara Busto