INDAGINE IMPERFETTA AL MONCENISIO

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  • Ultima modifica dell'articolo:08/02/2023
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Intervista con l’autore Daniele Mora

Ciao Daniele.

            – Ciao Francesca, carissima.

Sei pronto per la nostra intervista?

            – Prontissimo, anche se… in verità ho qualche dubbio.

Qualche dubbio? Cosa vuoi dire? Si tratta di una normalissima intervista per promuovere il tuo libro.

            – È proprio questo il dubbio. Sarà una cosa di quelle nelle quali racconto qualcosa di me, poi un paio di accenni sul libro, seduto su di una scomoda poltrona usando frasi fatte che tutti vogliono sentire? Tipo quelle che si vedono in TV o si sentono alla radio?

Beh! Daniele, è così che sono le interviste. Si è sempre fatto così.

            – Però se si facesse “sempre così”, non si sarebbe scoperta l’elettricità, le medicine e l’uomo non sarebbe mai andato sulla Luna.

In effetti… quindi cosa proponi?

            – Mhmm… potremmo discorrere da vecchi amici, proprio come la protagonista del mio romanzo, che spesso si rivolge direttamente al lettore.

Vuoi dire Betty? La figura centrale della tua “indagine”?

            – Esattamente. Tu il mio libro lo hai letto, quindi puoi dirmi cosa ne pensi di Betty.

La penso come una ragazza assolutamente come tante: che lavora, che vive il suo tempo, come ognuno di noi.

            – Certo, ma dal punto di vista del coinvolgimento nella mia storia?

Fammi pensare… Ricordo che leggendo il libro era come se parlassi con un’amica. Trovavo Betty spontanea, affidabile; se fosse stata una persona reale avrei potuto facilmente confidarmi con lei. A tratti decisa, a tratti insicura. A volte acuta a volte ingenua. In realtà l’ho trovata un bel personaggio.

            – E questo, secondo te, perché?

Credo perché sei stato bravo a definirne la personalità.

            – No, no… parliamo di Betty, ti prego. Lascia stare la mia presunta bravura.

Beh…! Nel libro lei parlava con me, e parlandomi, confidandomi i suoi dubbi e le sue perplessità riguardo alla storia nella quale era coinvolta, mi ci faceva scivolare dentro, come se a poco a poco anch’io ne facessi parte. Lei svolgeva la sua “strana” indagine, e la sera, come fossimo davanti a un bel bicchiere di vino bianco, mi ragguagliava sui suoi fallimenti o i suoi progressi. Ricordo che a un certo punto, mi ha chiesto pure se di tutta quella storia ci stavo capendo qualcosa. Credo sia per questo che ho letto il tuo libro con così tanto piacere.

            – Quindi condividi la mia scelta di far interagire Betty con il lettore?

Sì, credo di sì. Ma immagino che nel personaggio di Betty ci sia molto di te.

            – Indubbiamente; almeno il mio modo spontaneo di parlare, di rivolgermi alle persone. Come ti direbbero i grandi scrittori in TV, è inevitabile trasmettere ai miei personaggi buona parte della mia personalità.

Attento, Daniele: rischiamo di cadere verso un’intervista classica e noiosa.

            – Giusto. Meglio ritornare ad una sana spontaneità.

Però Betty non è l’unica protagonista del libro.

            – No!

Ci sarebbe anche questo luogo che da’ il titolo al romanzo: il Moncenisio.

            – Sì!

“…” Oh, Dany. Vogliamo fare tutta l’intervista a monosillabi?

            – Tu lo sai, Francesca. Se inizio a parlare del Moncenisio non ti basta la RAM del portatile.

Quindi?

            – Quindi so che qui da noi, così lontani da quelle zone, nessuno conosce il Moncenisio, e a nessuno interessa troppo di un luogo che non conosce.

Ma non è vero! Io ho letto il romanzo e ho capito che è un luogo che devo assolutamente scoprire meglio. Voglio dire: il lago, la diga, le caserme dell’ottocento, l’Ospizio, e tutti i posti dove ambienti l’indagine di Betty.

            – Però è tutto in Francia.

Guarda che non mi freghi: fino a pochi decenni fa era tutto in Italia. Me l’ha detto Betty.

            – Betty ti avrà anche detto di questa sorta di “magia” che si impadronisce di quelli che ci vanno e si fanno catturare dalla sua storia?

Una sorta di “Mal d’Africa”, sì! Lei la chiama: “Magia del Moncenisio”.

            – È un luogo magico sul serio, millenario e misterioso, tutto da scoprire, che ho conosciuto quasi per sbaglio qualche anno fa. La prima volta che ci sono andato non sapevo nemmeno di essere in territorio francese.

Appena oltre al nuovo confine, a 2000 metri di quota, vero?

            – Esatto, è tutt’ora un valico alpino tra Francia e Italia, ma fino al 1947 era tutto in…

Sì. Ricordo quello che dice a un certo punto Stefano, un altro personaggio del libro: «Siamo in Francia, è vero, ma qui tutto parla italiano, respira italiano, pensa e agisce in italiano. È il grande controsenso del Moncenisio.»

            – È esattamente così: tutto (o quasi) quello che si trova oggi al valico del Moncenisio è passato alla Francia nel 1947 a seguito…

Stefano dice anche che c’è questa nuova diga, strana ed enorme, e questo lago grandissimo, e sotto le acque del lago e sotto le acque del lago ci sono altre tre dighe precedenti, e poi opere militari volute da Napoleone, i resti di questo Ospizio che aveva oltre mille anni. Tutto nascosto sotto al lago, ma che in primavera, quando il lago si svuota, emerge di nuovo e si può visitare.

            – Sembra che tu ne sappia più di me… posso parlare io, ora?

Ma certo! L’intervista è la tua…

            – Mhm, sarà! Allora: stavo cercando di dire che nel romanzo gioco sul fatto che nel 1947, tutto il valico del Moncenisio…

… cioè tutte le fortezze costruite alla fine del ‘800 a quasi 3000 metri, le caserme, i bunker e poi… a sì! C’era anche una ferrovia che partiva da…

            – Francesca…. Allora!!?

Scusa! Scusa! È che il tuo libro mi ha talmente preso che… dicevi?

            – Dicevo che il territorio del Valico venne preteso dalla Francia come risarcimento per i danni subiti durante la seconda guerra mondiale. Dalla sera alla mattina (letteralmente) tutte le strutture presenti al Colle, tutte le fortificazioni, le dighe e la nostra stessa storia, diventarono di colpo francesi.

Ci vuoi dire che non conoscere il Colle del Moncenisio equivale a non conoscere un pezzo della nostra storia?

            – Un “cospicuo” pezzo della storia italiana: millenaria e importantissima, tra l’altro.

Ne sei proprio affascinato, vero?

            – Non posso negarlo. Ci torno non appena posso.

Quindi è stato naturale ambientare la tua ”Indagine imperfetta” al Valico del Moncenisio?

            – Dopo il successo del mio primo libro ho pensato molto a se fossi sufficientemente pronto per un romanzo di quel genere, ma la voglia era tantissima.

Io penso che sei riuscito abilmente a fondere questa piccola parte della storia del Colle, con la fresca spontaneità dei tuoi personaggi, legando il tutto attraverso una narrazione del tutto originale e inaspettata. In fondo è una vicenda di oggi che scava in un passato non molto lontano da noi.

            – È certamente tutto questo, Francesca, ma vuole anche essere il pretesto per far conoscere ai lettori una parte dimenticata troppo presto della nostra stessa cultura.

Quindi è un romanzo di storia?

            – In parte.

Un giallo?

            – Un indagine un po’ bislacca.

Una storia d’amore?

            – Giusto il necessario.

Un… come dire… No! Non mi vengono altre definizioni.

            – C’è molto di quello che dici, ma anche qualcosa di più. Molti di coloro che l’hanno letto mi hanno chiesto di non far scomparire Betty e i suoi amici. Evidentemente ne sono stati colpiti.

Questo significa che ci sarà un altro romanzo ambientato al Colle?

            – L’ambientazione del Moncenisio, con tutta la storia che ci è transitata nei millenni, è un serbatoio di vicende umane infinito. Per uno scrittore è difficile rinunciarci.

Tanto più che alla fine Betty dice che…

            – Ferma là! Che fai? Spoileri?

Posso almeno dire che il finale del romanzo è del tutto inaspettato?

            – È un finale “imperfetto”, è inaspettato per forza.

Per finire, Daniele, vorresti raccontarci qualcosa di te? Dei tuoi hobby le tue passioni? Cosa ti ha spinto a scrivere? Forse chi ci sta leggendo vuole saperne di più.

            – Ho detto che la mia eroina Betty mi rispecchia parecchio, quindi basterebbe leggere il romanzo. E naturalmente invito tutti a farlo. Occhio però che ho scelto di auto pubblicarmi, e il libro lo si trova su internet. Su quella famosa piattaforma che te lo recapita a casa in due giorni.

Amazon?

            – Esatto. Ma si può dire? Non è che si fa pubblicità gratuita?

Ma va! Ormai Amazon affianca a pieno titolo i grandi Editori. È una realtà consolidata e non ci vedo nulla di male.

Piuttosto, ora che siamo alla fine, è stata l’intervista che ti aspettavi o siamo scaduti nella banalità televisiva.

            – In realtà del mio libro ne hai parlato più tu di me.

Davvero? Non me ne sono nemmeno accorta. Se è così vedi di fare qualcosa anche tu: ricorda almeno il titolo.

            – Perché, non l’ho ancora detto?

Eh, no!

            – Va beh!  Il libro si intitola: “Indagine Imperfetta al Moncenisio”.

… e col titolo dire che abbiamo finito anche questa strana intervista. Che ne dici di andare a berci un caffè?

            Solo se offro io; però al Moncenisio, magari in compagnia di Betty. Credo che alla fine si trasferirà lassù!

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