Angelo Brillante, novarese classe 1997, esce con il suo primo singolo Our Fight nel 2021. Ci ha raccontato del primo microfono, della prima chitarra un po’ più seria, delle lezioni in conservatorio e della voce di John Mayer.
Quale è stato il tuo percorso con la musica?
Ho iniziato a suonare la chitarra classica in seconda elementare in un corso di musica, ho continuato a suonarla per anni e poi c’è stato il conservatorio. Mentre ero al liceo ho cominciato un po’ così – per caso – a suonare una chitarra elettrica e poi a registrare cover su YouTube con un microfono, fino al periodo dell’università. Mi sono diplomato al Conservatorio e solo dopo aver finito l’università ho ripreso a registrare, facendo un tirocinio in uno studio di registrazione a Monaco, dove ho fatto la magistrale in Fisica. Tornato a Novara, ho iniziato a lavorare – in un ambito completamente diverso – e il tempo libero l’ho dedicato al lavoro sulla produzione. Adesso ho preso una chitarra acustica e una elettrica più belle e ho un equipaggiamento migliore. Ogni giorno cerco di migliorare e di fare qualcosa di nuovo.
Perchè fai musica?
Ci sono due aspetti per me di fare musica: uno è proprio suonare e cantare – fare una performance – e l’altro è catturare la musica e renderla unica, occupandomi della registrazione. Sono due cose diverse e che mi piacciono per motivi diversi, anche se alla base di entrambi c’è l’impatto emotivo che la musica ti dà. Per me, la musica è una forma d’arte che esiste soltanto nel tempo: per esistere ha bisogno dello scorrere del tempo. Ad esempio: una foto, un quadro o un palazzo una volta che sono creati rimangono lì; mentre la musica devi viverla. Quindi è un modo di vivere le emozioni nell’arte, un po’ diverso dal resto dell’arte, perché sempre in evoluzione. La musica devi ascoltarla e mentre la suoni, stai in qualche modo rivivendo l’emozione: questo è pazzesco. Poi quando è stata inventata la possibilità di registrarla si è aperto tutto un altro mondo: la traccia registrata – che in teoria esisteva solo in quel momento – adesso si può rivivere. Quindi alla base di tutto per me c’è l’emozione della musica. Suonare e ascoltare certi tipi di brani mi permette di vivere determinate cose e di esprimerle, perché a parole semplicemente non riesco. Anche riascoltarmi suonare mi permette di sentire delle cose che sono mie – personali – che ho tirato fuori e che non so vivere e tirar fuori, se non mentre suono o ascolto.
Invece per quanto riguarda la registrazione, mi piace proprio il suono in generale. Non mi trasmette emozioni soltanto la musica – in quanto insieme di note suonate in un determinato modo – ma proprio anche il suono in sé: la pasta sonora e il capire come creare un suono che sia bello per come piace a me.
Qual è la tua canzone preferita? Hai un modello da cui prendi ispirazione per la musica?
Ho tante cose preferite per motivi diversi e in tempi diversi. In questi anni sono cambiato tantissimo, ma continuo ogni anno ad avere John Mayer su Spotify come artista più ascoltato. A volte neanche me ne accorgo di ascoltarlo così tanto. Come ispirazione e maestro resta sempre lui.
Credi che su di te la musica sia anche terapeutica? E che in generale possa esserlo per gli altri?
L’effetto sugli altri non l’ho mai troppo preso in considerazione. Fino a poco tempo fa – massimo due anni – ho sempre e solo suonato per me stesso. Non c’è mai stata l’idea di esibirmi davanti a molti spettatori, invece è sempre stato: “io voglio suonare perché voglio provare questa cosa, voglio sentire determinate emozioni e voglio tirarle fuori.” Da quando ho iniziato a scrivere canzoni sto provando il “ah, ma le cose che provo io in qualche modo arrivano anche agli altri”. E quando gli altri sentono qualcosa è pazzesco. Anche se mi piace più l’idea di suonare in una stanza con una persona che mi sta ascoltando, perché per me la musica è una cosa molto intima e le sensazioni che tiro fuori sono molto personali. Ho in mente che le mie canzoni vadano ascoltate da soli, con le cuffie, sdraiati sul letto, con gli occhi chiusi.
Una cosa che non ti ho chiesto, ma che avrei dovuto chiederti?
Ti racconterei di quali sono i miei obiettivi in questo momento e di quello che vorrei fare nel mio futuro. Vorrei diventare il più bravo possibile nella produzione: con una mia collega che scrive canzoni abbiamo deciso di produrre insieme il suo volume. Voglio tirare fuori una cosa molto bella. Poi a lungo termine mi piacerebbe avere un mio giro di musicisti e cantanti che lavorano con me, con cui produrre musica che veramente possa emozionare: artisti che hanno talento, ma non hanno le possibilità di produrre dischi. Voglio mettermi a disposizione delle persone che mi circondano per tirare fuori dei capolavori.